Comprendere la Paralisi Cerebrale Infantile
Viene chiamata Paralisi Cerebrale Infantile la conseguenza di una lesione al sistema nervoso centrale avvenuta nei primi tre anni di vita del bambino o nel periodo prenatale.
Si tratta di un disturbo neurologico non progressivo, in altre parole la lesione cerebrale, causa dei disturbi, non peggiora spontaneamente, però condizionerà lo sviluppo del bambino.
I sintomi possono variare molto per tipologia e gravità dipendendo dalla localizzazione e dall’estensione della lesione, possono risultare alterate funzioni come il tono muscolare, la postura, la coordinazione dei movimenti, la percezione dello spazio, la comunicazione, la deglutizione ecc.
Questa sofferenza può verificarsi prima, durante o dopo il parto e le cause possono essere estremamente varie: infezioni in gravidanza, gestosi, cause genetiche, sofferenza durante il parto, ischemia, trauma cranico, encefaliti.
Percentualmente la causa principale è da ricercare nel basso peso alla nascita soprattutto nei prematuri, 35/40% per il mancato sviluppo, a causa dell’età gestazionale di sistemi di compensazione per il mantenimento della perfusione sanguigna al cervello.
Perché si pone l’accento sul compimento del 3° anno di vita del bambino?
Questo lasso di tempo rappresenta la linea di demarcazione fra un sistema nervoso che ha avuto tre anni di tempo per espandersi e un sistema nervoso completamente da sviluppare.
In realtà le funzioni cerebrali si sviluppano tutta la vita, il recupero dopo una lesione è sempre possibile, ma nei primi tre anni si ha l’accrescimento maggiore.
Nei primi tre anni il bambino impara a manipolare oggetti, a camminare e correre, a parlare, a comunicare, a mangiare prima alimenti liquidi e poi da solo alimenti solidi.
Questo apprendimento modifica i suoi neuroni, le ramificazioni che connettono i neuroni fra loro nelle varie aree del cervello, le sue esperienze costruiranno letteralmente il suo cervello.
Quando la lesione è presente già dall’inizio i neuroni si espanderanno in maniera differente, in parte perché dovranno svilupparsi privati dell’area lesionata, in parte perché il bambino avrà degli ostacoli maggiori nel fare esperienze.
Esperienze tattili, percettive, di movimento, di comunicazione saranno limitate e non di qualità in quanto avendo delle difficoltà a rapportarsi con il “mondo” non potrà sperimentare come dovrebbe e come vorrebbe.
Questa situazione cambia completamente la prospettiva riabilitativa, per una lesione avvenuta dopo i tre anni ci si aspetterà un sistema nervoso che ha avuto uno sviluppo uniforme, quindi dovremo aiutare il snc a recuperare, a modificarsi ad adattarsi. Con una lesione avvenuta prima, ci dovremo confrontare con un sistema nervoso con una enorme potenzialità ma che potrebbe espandersi in maniera non efficiente.
Un bambino che abbia una lesione all’emisfero destro avvertirà dei disturbi della sensibilità, della percezione e del movimento all’emilato sinistro, per cui nella sua esplorazione del mondo, ovvero per manipolare oggetti, portare qualcosa alla bocca ecc userà preferibilmente l’arto superiore che “sente meglio”; così per spostarsi si adatterà a usare l’arto che “sente peggio” come perno o appoggerà male il piedino, o adotterà un’andatura non fisiologica.
Le conseguenze della lesione avranno una evoluzione che potrà essere estremamente variabile: in questi anni e in quelli successivi il bambino dovrebbe esplorare, conoscere e attraverso queste esperienze il suo sistema nervoso e il suo corpo di conseguenza, dovrebbero svilupparsi, ma quando per i problemi derivanti da una lesione la sua percezione del mondo è alterata come sarà possibile avere un “buon” movimento?
Le classificazioni classiche prendono in considerazione la localizzazione e le caratteristiche delle difficoltà nel movimento.
Tetraplegia ( i quattro arti), emiplegia (metà destra o sinistra del corpo), diplegia (entrambe le gambe), triplegia, monoplegia.
Forme spastiche (elevato tono muscolare), forme ipotoniche (basso tono muscolare), forme atassiche (disturbi della coordinazione, dell’equilibrio), forme distoniche, discinetiche con fluttuazioni del tono muscolare.
Alle difficoltà di movimento, che sono i disturbi più evidenti, si accompagnano altri disturbi che possono variare molto per intensità.
Gli arti colpiti possono avere uno sviluppo inferiore, che può dipendere dal non uso.
Il bambino, soprattutto nell’emiplegia e nella diplegia può acquisire il cammino, ma spontaneamente o con una fisioterapia non specializzata si svilupperà in maniera poco funzionale.
Non si parla di estetica del movimento, ma di fisiologia.
Le ginocchia, le anche, la colonna vertebrale sono fatti per “lavorare” in un certo modo, posture sbagliate condotte nel tempo possono condurre ad ulteriori problemi.